Archivio del August, 2011
L’Unità? Ai contadini non piacque.
In questo anno di commemorazioni dell’unità italiana vi consiglio la lettura di un libro che riguarda la nostra provincia. Si tratta de L’Arciprete e il Cavaliere di Federico Bozzini. L’ho trovato in una bancarella di un mercatino (quello di Povegliano) e non so se sia di facile reperimento. Ma vale la pena di ricercarlo, anche perchè propone un punto di vista del tutto ‘fuori dal coro’.
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Il libro di Federico Bozzini |
Il punto di vista dell’autore – un cattolico animato dalla volontà di dar voce agli ‘ultimi’ – è che l’Unità fu per i contadini della Bassa una vera iattura, almeno fino alla fine del diciannovesimo secolo.
Così impariamo che la bonifica delle Valli Grandi Veronesi (iniziata dall’Austria e conclusa sotto Vittorio Emanuele II) tolse i contadini dalla malaria ma li consegnò alla pellagra. Poichè quelle vaste zone acquitrinose dove prima c’era libertà di caccia e pesca diventarono – una volta prosciugate – di proprietà dei latifondisti locali che sfruttavano senza pietà i braccianti. Tanto che in molti furono costretti ad emigrare.
A difendere quella povera gente dai soprusi dei liberali laici e massoni che avevano sposato la causa italiana ci fu – all’inizio – solo qualche prete, in parte anche per nostalgia del ‘cattolicissimo’ Impero Austro-Ungarico. Poi arriveranno i socialisti e le leghe dei braccianti.
Tra le curiosità che il libro svela c’è anche l’origine del detto ‘Farghene più de Nineta’ che a noi bimbi veniva accreditato come il massimo della monelleria. Ebbene, Nineta era uno dei tanti briganti che infestavano tutto il Veneto e in particolare le Basse e che furono sterminati dagli austriaci tra il 1850 e il 1854. Sapete come? Li portavano incatenati nella piazza centrale del paese e li fucilavano lì, al rullo dei tamburi e di fronte a tutti. I condannati a morte furono 430 in tutto il Veneto, mica pochi.
Tutto sommato, meglio l’Italietta di re Vittorio che la ferocia di Cecco Beppe.
Federico Bozzini
L’arciprete e il cavaliere
Editrice Santi Quaranta – Treviso 2010
Che museo a Castel San Pietro?
Freddo, immobile, muto. Il museo di Storia Naturale di Lungadige Porta Vittoria è la quintessenza del museo di scienze di tradizione ottocentesca, con tutti i reperti messi sotto vetro e classificati minuziosamente. Nessun pannello interattivo. Nessun contributo audio o filmato, neanche uno straccio di esperimento attivabile dal visitatore. E’ questo il museo che sarà trasportato nel luogo più prestigioso della città (a Castel San Pietro)?
Quanti turisti saranno disposti a staccare il biglietto per vedere lo stambecco imbalsamato o lo scheletro dell’orso?
Naturalmente non è che dimentico che il museo di Palazzo Pompei contiene una delle più straordinarie raccolte di fossili al mondo, quelli di Bolca. Che conserva importanti collezioni zoologiche, botaniche, geologiche. E che è dotato di una biblioteca molto apprezzata dagli studiosi.
Ma così com’è strutturato è davvero fuori dal tempo e non ha senso trasportarlo a Castel San Pietro.
Molto migliore la location prevista precedentemente all’Arsenale dove gli spazi aperti consentirebbero sperimentazioni, laboratori dal vivo, ecc. per un museo interattivo, dinamico, multimediale.
Le sorprese di Mazara
Se vi sono rimasti degli scampoli di ferie e passate dalla Sicilia occidentale non dimenticate Mazara del Vallo. Una vera sorpresa per chi come me non c’ero mai stato (cosa che dimostra anche che la Sicilia è un inesauribile scrigno di tesori). Almeno tre motivi la rendono imperdibile: Il Barocco, il Satiro Danzante, il Porto.
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Le chiese e le piazze, la ‘borsa’ del pesce, il Satiro
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Ma in questa città si respira anche il vento della tolleranza. Nel cuore del centro, la kasbah tunisina confina con l’antica Giudecca. Il nuovo sindaco della città ha voluto tappezzare le viuzze con ceramiche disegnate da artisti e commentate dai bambini. Tema principale la tolleranza verso popoli e opinioni.
La tolleranza illustrata sui muri di Mazara |
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Nello stesso periodo in cui il sindaco di Mazara intitolava le vie alla tolleranza, nella mia città si inauguravano le panchine con divisorio antibivacco volute da Tosi e tanto amate da Bertacco, assessore alle Politiche Sociali (!).
Sanculotti e smemorati vanno alla guerra
La damnatio memoriae contro i Partiti continua. Nelle ricostruzioni storiche che vengono periodicamente proposte dai giornali sugli anni della rinascita postbellica manca – e in modo clamoroso come nel recente articolo di Marcolongo su Verona-In – il ruolo che le forze politiche esercitarono nel dibattito che portò alla Verona di oggi. Il dibattito tra Democrazia Cristiana e Partito Socialista nel primo centrosinistra che partì con sindaco Gozzi nel 1965 fu essenziale, ad esempio, nel ridimensionamento del Piano Marconi (Plinio Marconi era il progettista del piano regolatore che prevedeva una città da 600.000 abitanti).
La cosa divertente (o stupida a seconda dei punti di vista) è che l’oblio del ruolo essenziale che i partiti ebbero nello sviluppo della nostra città si manifesta soprattutto a sinistra, al cui interno basta parlare di ‘partito’ e subito si manifestano mal di pancia diffusi: meglio riferirsi ai’movimenti’, alle associazioni e ai comitati.
Da lì dovrebbe partire la sfida epocale al sindaco Tosi alle prossime amministrative.
Il guaio è che Tosi ha creato in questi anni una potente macchina da guerra basandosi proprio sull’esempio della DC degli anni’50. Nelle istituzioni che contano, negli enti economici e finanziari decisivi per lo sviluppo, in ogni ganglio del potere dove si spende o si assume, lì comanda la Lega.
Contrapporre a Tosi e ai suoi solo falci e forconi (anche se oggi sono stati sostituiti da Facebook e Twitter) è condannare la sinistra alla sconfitta. Tanto più se questo popolo di ‘sanculotti’ sarà comandato da un alieno dalla politica, che invece va vissuta e capita nelle sue logiche.
Un uomo, un destino
«Fosse stato per noi», dice il sindaco-intellettuale Tosi Flavio «a Castel San Pietro avremmo fatto un grande albergo, ma abbiamo ereditato una scelta già presa e il progetto di museo è stato approvato dalla Sovrintendenza e dal Consiglio comunale».
Siccome l’hotel con piscina ‘vista Adige dall’alto’ non glielo hanno fatto fare, il buon Tosi – menomale che ha fatto il Maffei – il danno lo ha voluto pur fare, infilando il Museo di Storia Naturale dentro al contenitore più prestigioso della città. Non c’è bisogno di grandi esperti culturali per capire che il Museo di Storia Naturale invece avrebbe trovato la sua più naturale destinazione all’Arsenale: spazio aperto, destinato alle famiglie, dov’era possibile anche fare sperimentazioni e usare la superficie esterna.
La comunità intellettuale veronese è rimasta a guardare e tace. I giornali locali zitti e mosca. L’opposizione si batte per il Balcone di Giulietta.
Vogliamo allora dire che questa città – o meglio la sua classe dirigente – ha il Tosi che si merita?